Cenni Storici

Il territorio dell’Agro Pontino si sviluppa su un vasto terrazzo marino tra i rilievi più meridionali del vulcanismo laziale (Colli Albani – Vulcano Laziale), il Circeo e le cime dell’orogenesi mesozoica dei Monti Lepini e Ausoni. Il sistema di depositi alluvionali e marini che caratterizza la pianura inizia a prendere forma nel Neozoico, a seguito delle frequenti oscillazioni del livello del Mar Mediterraneo dovute al succedersi di ere glaciali e interglaciali.Agropontino Le paludi pontine in età remota erano ricoperte da un esteso lago che in seguito si prosciugò, lasciando la fertile terra. La scarsa pendenza provocò il ristagnamento delle acque che scendevano dai Monti Lepini e quindi la presenza delle paludi. I primi tentativi di bonifica risalgono ai Volsci. Una leggenda vuole che la palude fu opera della dea Giunone che volle punire così la ninfa Feronia che qui viveva e che era una delle tante amanti di Giove. I Volsci fondarono nella pianura diverse città, di cui la tradizione ha riportato i nomi di Suessa Pometia (forse vicino Cisterna di Latina) e Satricum (ai confini dell’Agro; nei pressi dell’attuale località Le Ferriere, fra Nettuno e Latina), Ulubrae (Ninfa)
e Tiberia (fra i comuni di Cisterna, Cori, Sermoneta). In età imperiale, i Romani, grazie alle loro conoscenze idrauliche, riuscirono a strappare alla palude numerosi terreni e permisero la nascita di alcuni centri lungo la Via Appia Antica che attraversa l’area. I più celebri tra questi centri furono Tres Tabernae, Tripontium e Forum Appii, citati negli Atti degli Apostoli. In queste tre città infatti, l’apostolo Paolo si ristorò e fu accolto dalla locale comunità cristiana: la presenza di questa comunità è un segno che le città avevano raggiunto un numero notevole di abitanti. Gli assalti dei Saraceni spinsero la maggior parte della popolazione a rifugiarsi sulle montagne.

Intorno al XII secolo ai margini della palude sorse il centro di Ninfa, che riuscì a sottomettere i comuni rivali di Sermoneta e Sezze. Gli abitanti di Ninfa avviarono progetti di bonifica e poterono godere della posizione particolare della loro città, che le consentiva di essere una stazione di dazio obbligata per i traffici da ninfaRoma verso il meridione: infatti in seguito all’impaludamento della consolare Appia nella tratta compresa tra Tres Tabernae e Terracina, i traffici diretti a sud dovettero essere deviati dall’Appia stessa verso un itinerario pedemontano, che iniziava per l’appunto dove Ninfa sorse e prosperò. Ma il declino della città, che offrì rifugio a Papa Alessandro III inseguito dal Barbarossa, fece crollare la fragile bonifica e i suoi abitanti furono decimati dalla malaria. Oggi le rovine di Ninfa, al centro di un giardino, sono state recuperate e sono visibili al pubblico. Nell’età medievale le paludi pontine diventarono feudo della famiglia gaetana dei Caetani, il cui ramo pontino ebbe sede a Sermoneta e a Cisterna. Nel Quattrocento papa Martino V approvò un primo progetto di bonifica. Nel Cinquecento l’impresa di bonificare le paludi pontine, considerata impossibile, affascinò anche Leonardo da Vinci, che studiò un sistema di canali e di macchine idrovore: il progetto sebbene approvato da papa Leone X non andò mai in porto per la morte del Papa. Il sistema studiato da Leonardo, risulta straordinariamente corretto e fu punto d’ispirazione per i successivi progetti di bonifica del periodo fascista. Nel Seicento va segnalata l’opera di papa Sisto V e nel Settecento quella di papa Pio VI, che diedero vita ad imponenti opere idrauliche realizzando una rete di canali tuttora esistente (Linea Sisto e Linea Pio) e bonificando buona parte delle paludi nella zona di Sezze e Terracina.

Nei secoli successivi le poche aree libere dall’acqua diventarono sede di piccoli villaggi provvisori, costituiti da tipiche capanne in paglia e in legno, dette “lestre”, abitati da contadini e pastori, che ogni anno scendevano dalle montagne abruzzesi e trascorrevano qui l’inverno. Accanto a loro, vivevano i butteri (da non confondere con quelli della Maremma), con indosso caratteristici mantelli neri per ripararsi dalle piogge, ed in sella ai loro cavalli guidavano le mandrie di vacche maremmane e bufalo attraverso la palude alla ricerca di pascoli. Molti di essi morivano uccisi dalla malaria. Ogni anno in autunno, prima di risalire, i butteri organizzavano una imponente fiera di bestiame e per attirare i clienti realizzavano spettacoli, rodei e giochi acrobatici.butteri La palude era frequentata anche dai residenti più poveri dei comuni limitrofi, i quali cercavano di sopravvivere pescando nelle piscine o cacciando, anche se tale pratica era vietata. Le foreste diventarono anche rifugio dei briganti in fuga dalla polizia pontificia. Nel XVIII secolo una disposizione del Papa regolarizzò di fatto questa situazione concedendo il diritto di asilo ai briganti che si nascondevano nei dintorni del castello di Conca (oggi Borgo Montello), a patto che non si muovessero più dalla zona. Le selve sconfinate, attiravano inoltre molti nobili della Capitale, che ospiti dei Caetani, si dilettavano in lunghissime battute di caccia. Nel Settecento, la caccia nelle Paludi Pontine, si estese in tutt’Europa.

Nel 1871, l’Agro entrò nel Regno d’Italia. Dopo l’Unità, il nuovo governo presentò numerosi progetti di bonifica che però rimasero sulla carta, ma aumentarono la fama delle paludi pontine e spinsero numerosi contadini a trasferirsi nei villaggi ai margini della palude, alloggiando nelle “marche”, le tipiche abitazioni di paglia. Agli inizi del XX secolo un progetto che prevedeva finanziamenti governativi ai privati che avessero avviato la bonifica dei propri terreni causò uno scandalo finanziario, con sperperi di denaro pubblico e fenomeni di corruzione: fu il cosiddetto “scandalo delle Pontine”. Nel 1890, un buttero cisternese, Augusto Imperiali accolse la sfida lanciata da Buffalo Bill, che con il suo circo di cowboy aveva fatto tappa a Roma. Il buttero Imperiali riuscì nell’impresa di domare il fiero cavallo americano del West, entrando così nella leggenda.

Nel 1902, una ragazza dodicenne chiamata Maria Goretti, la cui famiglia si era trasferita dalle Marche nell’Agro, preferì farsi uccidere, piuttosto che cedere allo stupro e rinunciare alla sua verginità, che aveva consacrato al Signore. Nel 1950 Maria Goretti fu proclamata da papa Pio XII santa patrona dell’Agro Pontino. La bonifica integrale cominciò nel 1924, con la vendita allo Stato Italiano di un territorio di 20.000 ettari circa, di proprietà della famiglia Caetani, noto come Bacino di Piscinara (corrispondente in gran parte agli attuali territori comunali di Cisterna di Latina e Latina). bonificheagroIniziarono così i primi lavori di bonifica con l’istituzione del Consorzio di Bonifica di Piscinara che avviò la canalizzazione delle acque del bacino del fiume Astura. Nel 1926 fu varato un regio decreto, che istituì due consorzi: il preesistente Consorzio di Piscinara fu esteso su tutti i terreni a destra della linea Ninfa-Sisto, su un’area di 48.762 ettari e a sinistra della linea, il Consorzio di Bonificazione dell’Agro Pontino (26.567 ettari), un’area relativamente inferiore, ma costituita dai territori siti sotto il livello del mare e quindi dove la bonifica fu maggiormente complessa. I due Consorzi erano costituiti dall’unione dei latifondisti privati e dello Stato, ma in seguito alla legge Mussolini (Legge 24 dicembre 1928, n. 3134), i terreni improduttivi o abbandonati potevano essere espropriati quando i proprietari non avessero aderito ai Consorzi e ne avessero comunicato la cessione allo Stato per il tramite della prefettura; quindi gran parte delle aree bonificate passò sotto il controllo diretto dello Stato, che lo delegò all’Opera Nazionale Combattenti. Progettista della bonifica fu il senatore Natale Prampolini, creato poi conte del Circeo.

Fu un’opera immensa: dal 1926 al 1937, per bonificare l’agro, furono impiegate ben 18.548.000 giornate-operaio con il lavoro di bonifica_Agro_Pontinocinquantamila operai, reclutati in tutto il Paese. Oltre al prosciugamento delle paludi, la costruzione dei canali, ci fu l’azione di disboscamento delle foreste e la costruzione dei nuovi centri, che sorgevano man mano nei nuovi territori. L’Opera Nazionale Combattenti si occupò della gestione dei terreni e dei poderi che venivano via via costituiti nei terreni bonificati, affidandoli in concessione a coloni provenienti per la stragrande maggioranza dalle regioni, allora povere e sovraffollate del Veneto, del Friuli e dell’Emilia. Ai nuovi coloni veniva dato un terreno coltivabile di 18 ettari, una casa nuova con annessa stalla, una vacca da latte, due buoi per l’aratura e tutti gli attrezzi necessari.Avevano diritto anche ad una parte del raccolto e al riscatto di casa e terreno. Al centro dei vari poderi, venivano costruite delle case coloniche (circa 4000), molte delle quali tuttora abitate dai discendenti dei “pionieri”. In seguito, il territorio fu suddiviso in comprensori facenti capo ciascuno ad un borgo o ad un capoluogo comunale; i borghi, con una struttura urbanistica in molti casi simile, con la chiesa, la casa del fascio, il credito agricolo, la scuola avevano in origine la funzione di fare da centri di raccordo fra i vari poderi e di provvedere alla necessità dei coloni. Il primo borgo ad essere costruito fu Borgo Podgora, nel 1927, destinato ad appartenere pochi anni dopo al comune di Latina, creato inizialmente come villaggio operaio con il nome di Sessano (dal nome del vicino rudere della medievale torre di Sessano) e solo progressivamente convertito in borgo rurale; i primi centri invece concepiti e fondati direttamente come centri della colonizzazione e dell’appoderamento furono probabilmente Borgo Isonzo, Borgo Piave e Borgo Carso, costruiti a partire dal 1931.

I borghi di nuova fondazione a partire dal 1933 furono battezzati o ribattezzati in gran parte con nomi ispirati ai principali luoghi di battaglia della Prima guerra mondiale. In alcuni casi invece fu adottato il nome “storico” della località (per esempio Doganella di Ninfa fra Cisterna e Sermoneta) oppure furono legati all’attività principale del borgo (Littoria Stazione, oggi Latina Scalo- sorto come centro di servizio per i passeggeri dello scalo ferroviario di Latina). Di molti borghi si tramanda tradizionalmente anche una denominazione “preesistente”, che talvolta è indicata anche nella segnaletica stradale: tale denominazione in alcuni casi è la vera prima denominazione ufficiale del centro stesso edificato come villaggio operaio della bonifica (Sessano, Passo Genovese, Casale dei Pini, Villaggio Capograssa), in altri casi si riferisce invece a toponimi minori relativi ad antichi incroci, strade o casali situati nei pressi del centro del nuovo borgo, ma sostanzialmente disabitati prima della bonifica (Conca, Antonini, La Botte, Piano Rosso, Foro Appio), in tutti i casi nella documentazione storica sono spesso presenti entrambe le denominazioni, talvolta con qualche variante.
littoria
littoria-piazza-comuneOltre ai borghi veri e propri, si procedette all’edificazione di nuove città concepite secondo i criteri dell’architettura razionalista: la prima ad essere fondata fu nel 1932 Littoria (oggi Latina), cui seguirono Sabaudia (così definita in onore dei Savoia), Pontinia, Aprilia e Pomezia. La bonifica idraulica, durata quindi undici anni, grazie ad un complesso sistema di canali, ebbe finalmente successo e fu esaltata dalla propaganda fascista come uno dei meriti più straordinari, forse il più straordinario, del regime.

Nel dopoguerra si è valutata per lo più in modo negativo la bonifica in quanto distruttiva di un ecosistema unico al mondo, soprattutto per le rarissime specie faunistiche che vi vivevano. Per tutelare gli ultimi lembi di habitat fu istituito il Parco nazionale del Circeo combattentinel comprensorio residuo della foresta demaniale di Terracina, risparmiata dalla bonifica sia su pressioni politiche locali che per motivi propagandistici legati alla mai effettuata esposizione dell’E42 (EUR), esteso anche alle paludi costiere rimaste, all’area del Circeo, alla spiaggia compresa tra Sabaudia e Capoportiere, all’isola Zannone. Durante la seconda guerra mondiale, l’Agro era l’estremo lembo meridionale della Repubblica Sociale Italiana e a partire dal gennaio del 1944 si trovò stritolato fra ben tre fronti: la linea Gustav a sud, il fronte di Cassino a est e soprattutto lo sbarco, tentato dagli Alleati ad Anzio il 22 gennaio. I tedeschi riuscirono a sorpresa a bloccare gli Americani, e a predisporre una linea difensiva fra Aprilia, Cisterna di Latina e Littoria.

Dopo due mesi di stallo, a marzo i tedeschi prepararono una massiccia offensiva costringendo la popolazione civile ad abbandonare la zona. Gli Alleati tuttavia reagirono con energia, conquistando Aprilia agli inizi di aprile. Il 23 maggio fu lanciata l’operazione Buffalo: gli Americani puntavano a sfondare la linea, puntando sull’abitato di Cisterna riuscendovi ad entrare solo dopo una battaglia durissima l’indomani, mentre i tedeschi che si erano rintanati nel cinquecentesco palazzo Caetani, (nel centro di Cisterna) si arresero solo nel primo pomeriggio. Il 24 maggio gli americani entrarono a Littoria, il 25 fu raggiunta Pontinia e le truppe alleate si ricongiunsero con i compagni che giungevano da Terracina. Il 29 maggio l’Agro era completamente liberato, la situazione generale era però a pezzi. 2guerr4812I lunghi mesi di guerra avevano seminato ovunque dolore e distruzione, intere zone erano rase a suolo, buona parte della popolazione era stata allontanata forzatamente dalle proprie abitazioni. Inoltre i tedeschi nel tentativo di ritardare l’avanzata degli alleati, avevano volutamente danneggiato e distrutto molte opere di bonifica, provocando l’allagamento di ettari di terreno, causando in molte zone anche il drammatico ritorno della malaria. La conformazione paesistica e territoriale dell’Agro Pontino risale prevalentemente agli anni della bonifica (1929-1935) e delle conseguenti colonizzazione e appoderamento, e fondazioni di nuovi centri (Littoria, poi Latina, Pontinia, Aprilia, Sabaudia), caratterizzati da un’architettura di tipo razionalista e una quindicina di borghi rurali. L’agricoltura, anche se in gran parte affidata ad aziende agricole a conduzione familiare, è quindi molto redditizia è non si è verificato il fenomeno dell’abbandono dei campi, tipico di altre realtà, ma al contrario, risultano impiegati in questo settore, quasi l’11% dei lavoratori, (dati ISTAT) una delle percentuali più alte d’Italia. In questi ultimi anni, il settore ha investito molto nella specializzazione, puntando su colture particolari come il kiwi (di cui è il primo produttore nazionale; quasi il 76% del totale), in particolare della variante locale “kiwi latina IGP”, l’anguria (terzo produttore nazionale), il carciofo (nelle varianti del “carciofo romanesco” e del “carciofo di Sezze”), le zucchine, particolarmente apprezzate per la loro salubrità, negli agrumi e negli spinaci. Nell’Agro Pontino l’allevamento delle bufale è particolarmente diffuso Anche nell’allevamento, si è seguita la strada della specializzazione: accanto all’allevamento più tradizionale dei bovini, in calo negli ultimi anni, introdotto negli anni trenta, si è riscoperto il pascolo delle bufale, già praticato dai butteri e poi caduto in declino. Connesso alle bufale, è la produzione tipica delle mozzarelle, leggermente diverse da quelle campane, e della carne di bufala.

Comuni compresi nell’Agro Pontino

Torre Astura, che si trova nel comune di Nettuno tradizionale confine fra l’Agro Pontino e l’Agro Romano
Cisterna di Latina (in parte esteso ai primi rilievi dei Colli Albani) Latina (in parte esteso all’Agro Romano, nel destra-Astura)
Pontinia
Sabaudialatina_foto_panoramica_circeo
San Felice Circeo
Sermoneta (in parte esteso ai monti Lepini, dove ha capoluogo)
Sezze (in parte esteso ai monti Lepini, dove ha capoluogo)
Terracina (in parte esteso ai monti Ausoni, ed in parte all’Agro di Fondi) Altri comuni vicini, quali Aprilia, Pomezia, Anzio, Nettuno, Bassiano, Cori, Norma,
Priverno e Sonnino vengono spesso relazionati all’agro Pontino pur non facendo strettamente parte della pianura da un punto di vista geografico, ma essendo limitrofi e gravitanti con l’agro vero e proprio, e quindi “pontini” almeno in merito a questioni sociali e storiche.

L’aggettivo pontino è però spesso impropriamente utilizzato, soprattutto nel linguaggio giornalistico, in riferimento a tutti i comuni della provincia di Latina, anche se non direttamente pertinenti all’agro pontino (come Fondi, Formia e Gaeta che in realtà apparterrebbero al cosiddetto sud-pontino, ovvero territorio posto a sud oltre l’agro pontino ma non nell’agro pontino: la natura del termine genera di per sé confusione).